sabato 19 febbraio 2011

Una ricerca sociologica che lascia sgomenti

Navigando su Facebook, mi sono imbattuto in questa pagina: X tte noi ke amiamo Justin Bieber 
che in realta' era una pagina falsa dove dei ricercatori si fingevano delle teenager di eta' compresa tra i 9 ed 14 anni, con scarsa scolarita' e cultura e sessualmente disinibite. 
La pagina ha raccolto piu' di 35000 adesioni, approdando a risultati di ricerca a dir poco sconvolgenti.
Terminato l'esperimento i ricercatori hanno pubblicato i risultati dell'esperienza, ma neppure questa pubblicazione (che troverete riprodotta piu' sotto) e' servita a redarguire i partecipanti alla pagina, i commenti successivi alla pubblicazione non fanno altro che confermare i risultati dello studio, con i quali, io personalmente concordo appieno anche se mi sentirei di generizzarli maggiormente. 
I risultati di questa ricerca sono adattabilissimi a tutta la societa' italiana e possono spaziare anche oltre confine, perche' dal mio punto di vista ormai si sta respirando un'atmosfera pre bellica che potra' sfociare in atrocita' inimmaginabili.
Questo test e' solo uno dei campanelli d'allarme che persone con un'alta sensibilita' dovrebbero aver sentito suonare da tempo.





"I social network, i miti giovanili e il seme della violenza nelle nuove generazioni" - studio scientifico



Cari lettori,

è con questa missiva che intendiamo, noi gestori della pagina di Facebook nota come “X tte noi ke amiamo Justin Bieber”, chiudere positivamente l’esperienza che ci ha portato, in capo a pochi mesi, a raggiungere i nostri obiettivi.

È necessaria una premessa: come qualcuno di voi aveva notato, effettivamente la pagina è falsa o, per utilizzare un’espressione gergale tipica del web, un “fake”. 
A gestirla è, infatti, un gruppo di ricercatori impegnati in un innovativo esperimento scientifico di osservazione dello spirito umano e delle dinamiche sociali: abbiamo condotto questo studio al fine di meglio comprendere le dinamiche di accettazione del “diverso” e conseguentemente comprendere se esiste un razzismo latente nella cosiddetta “gente comune”
Inutile sottolineare come le nostre cavie inconsapevoli (ma l’inconsapevolezza era elemento necessario per la buona riuscita dell’esperimento) siate stati voi utenti. L’uso del social network “Facebook” ci ha permesso di avvicinarci a molte persone, di diversa età, sesso ed estrazione sociale. A seguito della chiusura del progetto, possiamo annunciare i risultati ottenuti; essi sono racchiudibili in un semplice enunciato, che è nostra tesi:

La maggior parte dell’umanità è razzista e violenta e nei nostri geni si nascondono i prodromi del nazismo, del totalitarismo, della mentalità mafiosa e della ricerca costante della prevaricazione e della dominazione coatta del prossimo.

Nell’esperimento, infatti, abbiamo ipotizzato l’esistenza di giovanissime ammiratrici del cantante canadese Justin Bieber: queste sedicenti ragazzine dimostravano, nella loro surrettizia esistenza, di essere poco propense allo studio, viziate, spropositatamente attive dal punto di vista sessuale, poco inclini al dialogo e alla critica, antipatiche, supponenti, arroganti, con un pensiero non allineato alla media, e vittime di un devastante analfabetismo di ritorno. 
In brevissimo tempo abbiamo visto che, dei 35000 e più contatti raggiunti da queste ragazze, la maggior parte era composto da individui, di qualunque età, censo e sesso, pronti a insultarle, attaccarle, vilipenderle e umiliarle nei più svariati modi, spesso arrivando addirittura alla minaccia di pesanti lesioni fisiche o di morte, tanto nei confronti delle gestrici della pagina quanto nei confronti dei loro familiari e amici più prossimi. Sembra superfluo, ma comunque doveroso ai fini tecnico-scientifici, sottolineare come proprio da questi elementi si ricavino i tratti tipici del nazista o del cosiddetto “uomo d’onore” di stampo mafioso.

L’insulto più diffuso di quelli raccolti dal nostro calcolatore è quello che indica una cattiva opinione della libertà sessuale delle donne (tipico delle teocrazie nordafricane e mediorientali), seguito da pessime opinioni per ragazze che hanno dimostrato di essere svantaggiate dal punto di vista culturale e, in taluni casi, anche intellettivo.

Quello che più ha sconvolto sin dall’inizio la nostra equipe di ricerca, insieme alla violenza verbale e alla grettezza raggiunta nell’esperimento, è stato il continuo ricevere minacce di percosse, morte o inviti al suicidio: per lo stress di questa lettura, una collaboratrice è stata costretta ad abbandonare il progetto di ricerca e si trova tutt’ora in cura presso un gruppo di sostegno psicologico.

Riassumendo, quindi, i principali feedback ricevuti sono stati:
  1. · insulti di natura sessuale
  2. · insulti per la scarsa cultura
  3. . violenza psicologica
  4. · minacce verbali di violenza fisica
  5. . minacce verbali di morte
  6. . atteggiamenti ed espressioni contrarie al buon costume

Da questa considerazione nasce il chiedersi perché, anziché insulti, non sono quasi mai arrivati, se non apprezzamenti, pacati consigli.
Perché, ad esempio, nessuno di voi lettori ha mai consigliato alle ragazze di essere meno sessualmente disinvolte? Perché nessuno di voi ha celebrato l’utilità della scuola dell’obbligo? Perché nessuno ha censurato le minacce che ipotetiche ragazze fra i 9 e i 14 anni ricevevano, con possibile nocumento della loro sicurezza? Tutto ciò sarebbe stato DOVEROSO da parte di chi, sin dall’inizio, ha ostentato superiorità morale, culturale e sociale nei confronti di queste, fortunatamente inesistenti, ragazzine.

La nostra tesi è che nessuno di voi, nascosto dietro lo schermo del pc, usa quelle censure che sono invece tipiche della vita di tutti i giorni, trasformandosi nella reale forma che l’Umanità ha: un essere violento e invidioso, gretto, ottuso, ignorante ed estremista, nazista e mafioso, pronto a scagliarsi contro i deboli (o i meno intellettualmente dotati) e gli spiriti liberi.

Con questa nota il nostro esperimento si conclude, sperando di aver lasciato in voi la consapevolezza della vostra insita violenza. Ci auguriamo di cuore che a tutti voi, oltre ai risultati dell’esperimento, resti anche un profondo senso di vergogna per la vostra bassezza morale.

dott. Mario Bruneri, psicologo infantile
dott. Giulio Canella, psicoterapeuta dell'età evolutiva
dott.sa Giovanna Doé, assistente sociale

1 commento:

  1. un falso nel falso...
    bruneri - canella, almeno cercatevi uno pseudonimo più credibile, non quello dei personaggi della vicenda dello smemorato di collegno...

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